Violazioni Antitrust e nullità dei contratti

Con ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023, la terza sezione della Corte di Cassazione (Pres. Scarano, Rel. Gorgoni) si è espressa sulla c.d. manipolazione dell'Euribor.
L'articolo si pone come obiettivo quello di riportare gli orientamenti che sostengono la nullità dei contratti stipulati nel corso dell'intesa anticoncorrenziale.

Nel momento in cui si rileva la presenza di un cartello tra imprese, l’obiettivo dell’Autorità Garante dovrebbe essere sia quello di rimuovere il cartello ristabilendo la concorrenza che quello di rimuovere gli effetti negativi che il cartello ha avuto sul mercato.

Con riferimento al primo aspetto (rimozione del cartello), è sufficiente rimuovere il cartello, agendo sulle imprese che hanno stipulato l’intesa restrittiva sulla concorrenza. Gli strumenti di cui può avvalersi l’Autorità Garante sono tutti quelli stabiliti nella legge Antitrust 287/1990, come l’ordine di eliminazione delle intese e l’imposizione di sanzioni.

Con riguardo al secondo aspetto, è necessario intervenire su tutti quei contratti stipulati nel corso del cartello, ristabilendo le clausole influenzate dall’esistenza del cartello. In Italia non vi è una normativa avente ad oggetto tale aspetto.
Al fine di tutelare e risarcire i soggetti danneggiati dal cartello, molti giuristi ritengono che la Decisione che dichiara nullo il cartello comporti altresì la nullità dei contratti stipulati tra le imprese del cartello e la propria clientela, se ovviamente le condizioni contrattuali sono state influenzate dalla limitazione della concorrenza attuata con l’intesa.
Gli orientamenti che stabiliscono la nullità dei contratti stipulati nel corso di una intesa anticoncorrenziale sono diversi, e si basano su diversi presupposti.
In generale, è possibile distinguere quattro casi di nullità dei contratti stipulati “a valle” di una intesa anticoncorrenziale, e segnatamente:

  1. nullità derivata;
  2. nullità della causa;
  3. nullità dell’oggetto;
  4. nullità virtuale

Nullità derivata

Secondo una prima teoria, accertata la presenza di un cartello, i singoli contratti stipulati a valle sarebbero invalidi per effetto riflesso della nullità dell’intesa anticoncorrenziale.
In tal senso si parla di “nullità derivata”.
I presupposti di tale interpretazione sono due:

  1. L’art. 2, comma 3, della legge n. 287/90, secondo il quale “Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto”. Proprio la specifica “ad ogni effetto” porta a ritenere nulle non solo le intese, ma anche gli effetti di tali intese, come i contratti stipulati a valle;
  2. La presenza di un nesso di casualità, ovvero un collegamento, tra intesa e condizioni contrattuali, alla stregua del quale - in applicazione del principio simul stabunt simul cadent - questi ultimi verrebbero ad essere colpiti in via automatica e derivata dalla invalidità di cui all’art. 2, comma 3, della legge n. 287/90.
​Nel caso in specie, tale vincolo di casualità esiste, proprio perché il mutuatario si impegna a pagare un tasso determinato a partire dall’indice Euribor (o IRS), il cui valore è stato stabilito in forza di una intesa illegale. Dalla nullità dell’intesa deriva la nullità della clausola contrattuale che impone di commisurare il tasso di interesse all’Euribor (o all’IRS).
 

Nullità della causa

Secondo una seconda teoria, il contratto a valle è nullo per un vizio proprio, e precisamente per illeceità della causa ex art. 1325 c.c.
Secondo tale ricostruzione, ogni contratto, costituisce lo strumento che consente all’impresa di conseguire concretamente un ingiusto profitto (pari al maggior guadagno lucrato grazie al cartello). Tale causa contrattuale non è meritevole di tutela, per cui le singole clausole negoziali in cui si esplica l’ingiusto profitto, in quanto illecite sotto il profilo causale, sono invalide.
Ergo, i contratti di mutuo sottoscritti dalle Banche incriminate hanno generato per le stesse un ingiusto profitto, causa quest’ultima non meritevole di tutela. Considerato che tale ingiusto profitto trae origine dalla clausola del contratto afferente gli interessi, la stessa è invalida.

 

Nullità dell’oggetto

Secondo un terzo orientamento, l’invalidità dell’intesa renderebbe nullo il contratto stipulato a valle dell’intesa per illeceità dell’oggetto.
Il presupposto di tale orientamento è che il contratto, o le singole clausole, inglobino al proprio interno l’oggetto dell’intesa. In tal caso, l’illeceità dell’oggetto dell’intesa renderebbe illecito anche l’oggetto del contratto ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418, comma 2, e 1346 cod. civ.
Ciò avverrebbe, secondo alcuni giuristi, con riguardo alle intese aventi ad oggetto l’adozione di condizioni contrattuali uniformi, ovvero nei cartelli di prezzo, in cui l’illecita determinazione viene solitamente riprodotta senza alcuna variazione né margine di modifica all’interno del regolamento negoziale.
Anche tale tipo di ricostruzione è applicabile al caso in esame, tant’è che l’oggetto dell’intesa è il tasso Euribor (o l’IRS) che poi, senza alcuna modificazione, va a determinare l’oggetto del contratto, ovvero gli interessi applicati al capitale preso a prestito.

 

Nullità virtuale

Secondo un’interpretazione più neutra, la nullità dei contratti stipulati a valle di una intesa anticoncorrenziale può essere disposta dalla semplice applicazione dell’art. 1418, comma 1, cod. civ., ai sensi del quale “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente”.
L’assunto di questo orientamento è che i contratti stipulati a valle di una intesa anticoncorrenziale sarebbero nulli perché danno attuazione a una intesa illecita, e nulla ai sensi dell’art. 2 della legge Antitrust.
Pertanto, i contratti in questione sono nulli semplicemente perché contrastano direttamente con la norma imperativa dettata dall’art. 2 della legge Antitrust.
Nel caso in specie, si tratterebbe soltanto di evidenziare come i contratti di mutuo sono nulli per effetto della violazione dell’art. 101 del Trattato UE e dell’art. 58 dell’Accordo EEA, come riportato nella Decisione della Commissione AT39914 che, si ricorda, ha pieno effetto nel territorio dello Stato Italiano.

 

Considerazioni finali sulla nullità dei contratti di mutuo

Alla luce di quanto detto sopra i contratti di mutuo stipulati nel corso del periodo di manipolazione dell’Euribor (e dell’IRS) posso ritenersi nulli sulla base di diversi orientamenti giurisprudenziali:
  1. la contrarietà dell’intesa a norme imperative di legge (da cui la nullità virtuale del contratto, per il combinato disposto degli artt. 1418, comma 1, cod. civ. e 2 della legge n. 287/1990),
  2. l’illiceità sotto il profilo della causa (ex artt. 1343 e 1418, comma 2, cod. civ.)
  3. l’illeceità sotto il profilo dell’oggetto contrattuale (ai sensi degli artt. 1346 e 1418, comma 2, cod. civ.).
  4. lLa contrarietà del contratto a norme imperative di legge (ex art. 1418, comma 1, cod. civ.).
Presupposto ciò, occorre però rilevare come tutti gli orientamenti sopra esposti viene proposta una nullità totale del contratto, e ciò ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.
In verità, tale conclusione non è quella adottata nel caso dei contratti bancari dove usualmente è applicato il criterio del minimo mezzo e del principio generale di conservazione del contratto.
Tale principio, infatti, è riportato in concreto in diversi passaggi del Testo Unico Bancario, tra cui, a titolo di esempio:
  1. l’art. 117, comma 6, del TUB, dove nei casi di nullità del tasso di interesse del finanziamento, è previsto che il contratto resti comunque valido, e che il tasso venga sostituito da quelli dei Buoni Ordinari del Tesoro sottoscritti nei 12 mesi la sottoscrizione del mutuo;
  2. l’art. 125-bis, comma 6, del TUB, nei casi di nullità della clausola del TAEG stabilisce, in maniera simile a quanto esposto sopra, che lo stesso indice venga sostituito dai tassi dei Buoni Ordinari del Tesoro sottoscritti nei 12 mesi precedenti la sottoscrizione del mutuo;
  3. l’art. 127 del TUB ammette la derogabilità alla disciplina prevista a tutela del cliente o del consumatore solo in senso ad essi favorevole.
Il principio seguito dal Legislatore è la tutela della parte debole del contratto, ovvero il mutuatario o, in generale, il Cliente della Banca.
La nullità dell’intero contratto, infatti, potrebbe danneggiare il Cliente che, ad esempio, nel caso del mutuo sarebbe tenuto a restituire immediatamente tutto il capitale preso a prestito.
Per tutelare il Cliente, è ammesso che l’invalidità colpisca soltanto alcune clausole contrattuali, mantenendo inalterato e valido il resto.
In altre parole, il trattamento della nullità deve necessariamente adeguarsi alle esigenze dello specifico settore in cui opera, in primo luogo consentendo che la nullità sia parziale e dunque incida sul contratto solo per la parte che viola i divieti di legge, tenendo altresì conto dell’eventuale disparità dei soggetti che agiscono nel mercato, al fine di offrire idonea protezione alla parte più debole.
Lo strumento normativo a cui ci si rivolge è l’art. 1419, comma 2, del cod. civ., il quale afferma che “La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.
Nel caso in specie, il comportamento anticoncorrenziale delle Banche comporta la nullità della sola clausola afferente gli interessi, con la conseguenza che, al fine di tutelare il mutuatario, deve trovare applicazione analogica il citato art. 117, comma 7, del TUB, afferente proprio al caso di nullità della clausola degli interessi dei contratti bancari.
Ecco allora che il risarcimento dovrà essere quantificato ricalcolando il piano di ammortamento del mutuo, sostituendo i tassi applicati dalla Banca con i tassi dei titoli di Stato praticati nei dodici mesi la sottoscrizione del contratto.

Dott. Alessandro D'Antonio